Cazzeggio?

Anche a tarda notte il telefono, forzatamente acceso per la sua reperibilità, riceveva messaggi. Guardò stancamente, a certe ore la curiosità lasciava il posto a un’indifferenza difficilmente scalfibile. Un messaggio di Daniele Sprocatto. Esther pensò che certa gente si dedicava a fini difficilmente comprensibili. Un messaggio notturno di un collega che conosceva da tempo, per di più lo aveva sempre considerato una persona seria, affidabile, che pubblicizzava una lista candidata alle elezioni interne all’ordine professionale a cui erano entrambi iscritti. Iscritti forzatamente per legge, uno dei regali della legislazione italiana, regalo per chi ne traeva lo stipendio non per chi pagava obbligatoriamente. Ma perché? Cosa ci trova in questa roba? Pensò. Avesse scritto che intendeva fare sesso con lei se solo lei fosse stata d’accordo sarebbe più comprensibile, a quest’ora ancora con le questioni lavorative… A meno che… il pensiero nasceva spontaneamente, a meno che sia un’improbabile via per avviare una carriera politica. Daniele? Non mi sembra il tipo. I politici sono personaggi affamati, di fama, potere, anche denaro pure se non ne arraffano poi tanto a certi livelli basilari. No, il denaro non era la molla principale, aveva visto persone di una certa ricchezza dilapidare patrimoni pur di garantirsi un posto da consigliere di comuni insignificanti, per emergere su poche centinaia di concittadini. Però le venne in mente Carla, Carla Boretti, lei era in carriera nel suo piccolo comune, aveva ottenuto la delega, il controllo sulla biblioteca e su molte iniziative pubbliche. Lei era affamata di potere? No, direi di no, a meno che… In effetti il potere o la fama si esprimono in molti modi diversi, no? Pensò alla determinazione con cui affrontava le elezioni locali, la serietà con cui si preparava. Determinazione dimostrata in molti altri ambiti poi, qualcuno pure da non pubblicizzare... In effetti, anche lei, cosa ci trova? Lasciò i pensieri scorrere e esaurirsi, non era la serata. Stava leggendo prima dell’interruzione, riprese. Un ebook, Bruce Sterling, il cyberpunk. Riletto a trentaquattro anni dalla pubblicazione si rivelava interessante. Alcune premonizioni tecnologiche o sociologiche erano azzeccatissime, altre palesemente imbarazzanti. Le videochiamate viste come fiction, science fiction nel vero senso del termine, erano nulla rispetto a quello che si può fare oggi. Sorrise. I fucili a colla, i telex, nella realtà scomparsi da decenni, le email o le rete stessa descritte in una fase embrionale per un romanzo ambientato nel 2023. Adesso, pensò, adesso. Molto diverso dalla realtà anche se alcuni spunti si stanno in effetti muovendo in quella direzione. Una pausa. Esther trascinava la sua serata tra vari interessi, nessuno dei quali la prendeva tanto da assorbirla. Go into the zone. Ma quando mai, almeno non stasera. Certo che essere sempre presente, al momento attuale, la meditazione praticata… Non è serata, no. Nulla riesce a concentrare l’attenzione, il pensiero si divide in mille rivoli che ricercano ognuno la sua fetta di consapevolezza. Ecco, un pensiero tale non sarebbe nemmeno comprensibile per molta della gente che conosce, proprio al di fuori della loro portata. Per mille tipi di limiti, indifferenza a ogni cosa esuli dalle proprie vite, o attenzione comunque distorta, non aperta, attratta da altro. Infatti uno dei cardini di quella cosa che chiami meditazione è l’estrema, meglio ancora la totale, apertura nei confronti del mondo. Uno per volta, ogni argomento dello scibile umano. E, per qualcuno, anche del non scibile o dell’extraumano. Mettere parole una dopo l’altra è la caratteristica del pensiero. Secondo Chomsky il linguaggio non è stato inventato, non è sorto, per comunicare. Piuttosto per pensare meglio. Per costruire pensieri sempre più complessi fino all’astrazione, per confrontarsi con il mondo. Un gran casino. A pensarci sembra di essere sotto droghe, le più varie. Ma mettere una parola dopo l’altra è anche la caratteristica degli scrittori, che, oltretutto, le fermano. Su carta o altri supporti non importa, le fermano per i posteri. Molto più probabilmente per il nessuno che le leggerà. Era da tempo che non scriveva più Esther. Aveva, quella mattina, visto un articolo su un quotidiano che descriveva i mille lavori a cui si dedicavano vari scrittori italiani per vivere. Quasi nessuno alla scrittura, da ridere. Vari autori, scrittori, del tutto sconosciuti, almeno a lei. Una notizia che è una non notizia. Se non sono conosciuti che vogliono vivere come scrittori? Se non vivono della scrittura che si definiscono tali? Mistero. Qualche riga in più. Certo che almeno metà degli italiani ha scritto un romanzo si dice. Molti di più l’hanno pensato. Per lei erano sempre state un mistero le case editrici a pagamento. Con qualsiasi formula, tipo ti pubblichiamo un libro poi tu ti compri tutte le copie stampate, ti salassi e riempi la cantina di libri tuoi che ogni volta che vedi ti deprimi. Meglio pagare per far pubblicare e produrre dieci copie, nemmeno i ventiquattro famosi lettori. Ci saranno dieci persone a cui regalare il tuo libro? Qualcuno, parenti, amici, che per pietà farà finta di essere interessato? Ah, già, gli scrittori sono tendenzialmente maledetti, non hanno amici, se ne hanno qualcuno è analfabeta. Con la famiglia hanno rotto da anni, magari proprio a causa della scrittura… Cazzo in che pensieri mi vado a mettere, mi deprimo da sola, meglio drogarsi. Il problema, Esther, è che di pensare non si smette mai, neppure quando dormi.