Abolire lo Stato che è nelle nostre teste

Trump si è da poco insediato alla Casa Bianca e già ha cominciato a rompere i vasi di cristallo nella stanza, con un programmato effetto di creazione del caos: tattica spiegata dal suo vecchio ideologo nazista Steve Bannon, ovvero di aprire contemporaneamente più fronti in modo da lasciare sotto shock le opposizioni, bloccate del tutto o focalizzate su un punto mentre la presidenza Trump avanza sugli altri. Non di meno, passati i primi giorni di sorpresa e orrore, forse possiamo cominciare a fare qualche riflessione su quello che sta accadendo.

Contro le previsioni che volevano Trump isolazionista e ritirato nei confini di politica interna, abbiamo avuto già nei primi giorni della sua seconda presidenza le dichiarazioni roboanti contro Canada, Messico, Groenlandia e, infine, la tremenda minaccia di deportare due milioni di palestinesi e prendersi Gaza. Nel mentre definiva queste minacce, Trump metteva in soffitta decenni di neoliberismo lanciando la politica protezionistica, dazi a tutto spiano, con l'attacco anche ai paesi europei.

Poi è arrivato l'altrettanto scioccante cambio di campo in Ucraina, con l'intesa sempre più evidente con Putin e la ridefinizione di tutte le alleanze storicamente stabilite con gli stessi paesi europei minacciati di una pesante guerra economica. Fin qui le novità, che presentano uno scenario sempre più inquietante. Quello che appare all'orizzonte è un ruolo degli USA in sintonia con Israele e la Russia, Stati che si stanno macchiando di crimini orrendi, sempre più in rotta con le democrazie europee, in vista dello scontro che incombe sul pianeta, quello con la Cina.

Se le democrazie liberali sono seriamente minacciate da questa svolta autoritaria degli USA, il tradimento nei confronti dell'Ucraina ci dice che affrontare il fascismo assieme alle forze statuali e ai loro partiti politici ha dei grandi limiti: una lezione che già nella liquidazione della resistenza italiana avremmo potuto apprendere. Per cui oggi siamo chiamate secondo me a una riflessione molto complicata, che verte sostanzialmente su come affrontare il fascismo che viene, sempre più prepotentemente: un fascismo globale che può portarci alla guerra mondiale e totale, non più solo agli scontri tra imperialismi.

Una frase di A.M.Bonanno su cui rifletto sempre è “Lo Stato è guerra”. Per quanto siano importanti le differenze tra democrazie liberali e fascismo, tendenzialmente le strutture statuali portano sempre verso la guerra, perché se guardiamo dentro la reale conformazione delle democrazie parlamentari quali la Francia, la Germania, la stessa Italia, etc. ci troveremo nient'altro che il neocolonialismo in Africa o altrove, la politica criminale del blocco delle frontiere e del razzismo istituzionale, la repressione del dissenso interno e tante altre cose che sono le sorelle gemelle del fascismo.

Per cui non ci si può fidare degli Stati, questo dovrebbe essere chiaro, se pure possono essere tatticamente (e non strategicamente) utili delle alleanze con le democrazie per non sprofondare tutte noi in situazioni nelle quali ci vengono a prendere a casa e ci portano in campi di concentramento, una eventualità che oramai sta sinistramente diventando sempre più una opzione non lunare e fantascientifica anche in occidente. Quella che invece mi sento di rifiutare con tutte le mie forze è l'opzione che oggi appare tanto in voga a sinistra, ovvero l'alleanza con i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, più eventuali aggiunte come la Nigeria, Iran o l'Arabia Saudita).

A parte che queste contrapposizioni sono sempre aleatorie e ballerine, vedasi il nuovo amore tra USA e Russia, se non possiamo fidarci delle democrazie, credo che tanto meno possiamo appoggiarci anche solo idealmente alle peggiori dittature sanguinarie e misogine come l'Iran e l'Arabia Saudita, oppure alla distopia totalitaria neocapitalista della Cina. Non possiamo fare una lettura economicistica dello scontro politico, per cui se questi stati dispotici mettono in crisi il dollaro allora OK sono nostri alleati. Abbiamo solo una via d'uscita possibile e questa è la costruzione di movimenti e reti transnazionali, costruite dal basso e orizzontalmente, senza leader maschi pronti a diventare i nuovi despoti del futuro.

Come si costruiranno queste reti è tutto da vedere, ma la loro forza si misurerà proprio sulla messa in discussione di quei meccanismi di potere, micro e macro, che sono radicati prima di tutto nelle nostre teste.

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