All we ever wanted was everything

Partimmo dalla provincia più profonda, dopo anni di adolescenza sognante visioni di futuri terribili e radiosi. La lotta non ci spaventava, il mondo ci chiamava. Tante le privazioni patite il contrappasso era totale. Tutto o niente, tutto o morte. Mai previsione è stata più vera. Volevamo lo scorrere del sangue… Solo, scorse il nostro.

L’avventura iniziò lentamente, giorno per giorno, ora per ora, minuto per… Avevamo quello, volevamo altro, quello che non c’era per quello che non eravamo… ancora. Anni di sogni costruiti su mondi lontani, l’Inghilterra, l’America su tutto. Ma bastava la Germania a accendere il desiderio. Il mondo in cui vivevamo troppo piccolo, la cultura in cui eravamo cresciuti ora ci stava annegando. La rivolta era inevitabile. Avevamo trovato a fatica dispacci di un mondo esterno che sembrava condividere con noi qualcosa, iniziammo a raccogliere frammenti, a sognare momenti, a costruire un futuro su quelle istanze. Avevamo iniziato a testimoniare il nostro essere. Al punto che venimmo anche riconosciuti come tali. Nessun riconoscimento se non cieco rancore e ostilità dal narcisismo familiare, non eravamo più i bravi bambini da presentare in società, i più bravi a scuola, i meglio vestiti, sempre in prima fila in chiesa. Stavamo diventando una minaccia. L’allontanamento fu graduale, ogni possibile momento potessimo permetterci un treno, un acquisto di musica o parole eravamo in viaggio. Conoscemmo spicchi di mondo in attesa di potercisi trasferire. Il passaggio fu totale. Totale. Non tornammo più, almeno mentalmente. I luoghi fisici e soprattutto mentali della nostra infanzia e oltre divennero in un batter d’occhio terra straniera. Non che cercassimo nel mondo una nuova casa, no. Non ci interessava una casa, non ne avevamo bisogno. Avevamo i nostri sogni, l’energia che credevamo infinita, l’aspirazione a quel tutto che ci guidava. Trovammo compagni e compagne, trovammo nemici, anche qui. Furono anni gloriosi, nel bene e nel male. La spinta propulsiva continuava a tenere in movimento vite vorticose, giovinezza primavera di bellezza. Iniziarono le prime defezioni. Sembra incredibile a ripensarci, non si può lasciare qualcosa di non strutturato, di mobile, di scorrevole, eppure quello era il modo. Non che si condannasse chi lasciava, a volte anche ma per senso di tradimento personale. Era chi andava che si presentava un’ultima volta come avesse il cappello in mano, cercando di giustificarsi, di far capire le cause di forza maggiore. Quale causa può giustificare la fine di una vita? Qualcuno iniziò a sussurrare potessero aver ragione loro. Poco tempo in un tempo eterno, tutto travolse. Sanguinammo, forse più di quanto potevamo permetterci, come guerrieri che non si arrendono venimmo schiacciati, anche fisicamente. Le nostre lacrime restarono nascoste, le nostre vite non vennero rivelate. Semplicemente scomparimmo.