Confutazione divina

Albert sedette con la solita sicurezza, giovane sacerdote dedito all’approfondimento degli studi teologici divideva il suo tempo con il priorato nella piccola parrocchia di campagna. Qui era abituato a incontrare personaggi che a malapena sapevano cos’era e dov’era la Sorbona che frequentava da qualche tempo. Non aveva pari nel confronto. All’intelligenza viva e alla curiosità propria di chi ama l’oggetto dei propri studi affiancava una gentilezza caratteriale che lo rendeva il beniamino dei parrocchiani. Aveva sempre tempo per tutti, trovava le parole giuste per consolare o incoraggiare, e non rinviava mai un confronto teologico, a qualsiasi costo. Come quella volta che arrivò in ritardo alla celebrazione con il vescovo perché stava discutendo della Bestia del mare dell’Apocalisse, con sette teste e dieci corna, con il medico del paese. Un ottimo medico, pensava, ma una testa di legno nei ragionamenti logici. Poi questi civili, tutti attratti dall’Apocalisse, nessuno dall’Ecclesiaste, il Qoelet, il suo libro preferito della Bibbia… Don Albert non temeva le domande, si chiese chi poteva essere quell’uomo sulla cinquantina tornato dalla città per il funerale della madre. Sedevano insieme nella cucinadella casa della donna, con l’anziano marito e, appunto il figlio. Un caffè e quello che doveva, a prima intenzione, essere un colloquio di incoraggiamento si trasformò in una disputa. L’uomo, si chiamava Adrian, a domanda del sacerdote sui suoi trascorsi nella parrocchia, rispose che quel posto, quella chiesa, era stato sì molto importante nella sua formazione. L’aveva frequentata dai quattro anni, quando con la famiglia si erano trasferiti lì, fino ai diciannove, quando aveva lasciato il paese finite le scuole. – Molto importante, bene! Fa piacere sentirlo. – si rallegrò Albert. – Importante sì. In quella chiesa, intesa non solo come spazio fisico, ma anche spirituale, simbolico… c’è stata un’evoluzione. - Albert era contento di aver incontrato un tale personaggio, pur con un aspetto non del tutto normale, la lunga barba brizzolata, la testa rasata, i tatuaggi… Ma un buon eloquio. – Dicevo, sì, in quella chiesa sono diventato ateo. - – Bene… – qualcosa non tornava – Come, scusi? - Adrian sorrise, un sorriso caloroso, amichevole. – Sì, ateo. È stata anche l’ultima chiesa che ho frequentato. - Un poco spiazzato Albert provò a informarsi sulle motivazioni di quella conversione al contrario, più che per cortesia proprio per curiosità. Adrian rispose, pacato nella forma, con un inasprirsi di ragioni, sempre più estreme, concluse affermando che Gesù Cristo poteva a buona ragione essere considerato come il peggior criminale della storia. Albert sentiva montare una certa inquietudine, si sforzò di mantenere la calma, distese le braccia come per stirarle, poi chiese la ragione di tale affermazione. – … una dimostrazione, se no sono solo parole al vento, no? - Adrian annuì con il capo. – Non è difficile, guarda alla storia. I grandi criminali, Hitler, ha fatto sei milioni di ebrei morti, mettiamo pure sette o otto in tutto… Stalin dodici milioni di russi sterminati, Mao sedici diciotto milioni di cinesi uccisi per il comunismo. Ma mettiamoci pure dentro Gengis Khan, Tamerlano, Nerone o chi non mi viene in mente… Tutti dilettanti al confronto delle cifre fatte registrare dal Cristo. - Albert sembrava non capire, tutto lì? – Ma, caro amico, dovresti sapere che Cristo non ha mai fatto male a una mosca. I crimini che elenchi, per quanto sicuramente reali, sono stati commessi da uomini, non da dio. - – Bravo, certo. Ma spiegami questo: chi ha fatto l’uomo? Qualcuno che sarebbe onnipotente, onnisciente, eterno. No? Se io costruisco una macchina che fa dei danni ne rispondo, idem se ho un figlio in età da non assumersi responsabilità, sono responsabile io… E dio onnipotente non ha responsabilità? La sua onnipotenza è deresponsabilizzata? - – Responsabilità… – Albert pensava in fretta, cercava tra le sue ampie conoscenze un appiglio per una risposta. L’altro continuò. – Essendo onni, potente, sciente e chissà che altro, è difficile sostenere che si sia sbagliato, no? Quindi lui crea questo uomo, già sa cosa succederà, è eterno, poi è dio… E lo crea proprio così! Non fa niente per cambiarlo, si potrebbe dire che l’ha voluto così. Che, quindi, ha voluto lui che le cose andassero così come sono andate, le violenze, i morti, i roghi, la negazione della libertà, le guerre di religione… Ecco. Io la vedo così. - Albert guardava nel vuoto. Don Albert sentiva che avrebbe dovuto dire qualcosa, sostenere la sua posizione, almeno per non dare alla religione la parte del torto che l’uomo le attribuiva, almeno non davanti al padre di Adrian e gli altri presenti, tutti parrocchiani. Non ci riuscì. Dopo lunghissimi secondi di tensione si sentì sudare, la schiena bagnata, la fronte imperlata. Dovette riconoscere onestamente la realtà. – Non so… Non ho argomenti a queste affermazioni. Mi metti in difficoltà, sì. Non so che dire. - Adrian sorrise, amichevole, suo padre si stupì del fatto che il figlio avesse fatto tacere il prete colto, quello che aveva sempre una risposta. – Magari ci pensi su, la prossima volta che ci si incontrerà mi dirai. -