Jacques Ellul e la tecnica
Secondo l’autore francese Jacques Ellul, più si va avanti nel progresso tecnico e più diventano fondamentalmente indistinguibili gli elementi positivi e negativi di esso, per cui siamo portate a considerare come necessarie e inevitabili le sue “storture”. Di fronte a questo processo possiamo evidenziare quattro situazioni principali, per calibrare meglio tutta la questione e inquadrarla in maniera più obiettiva. La prima situazione è che ogni progresso tecnico ha un costo: “è vero che possiamo dire che il progresso tecnico si paga con notevoli sforzi intellettuali, oltre che con apporto di capitali. Non è vero che porti sempre profitto. In molti casi si decide di lanciare un’impresa tecnica anche se non è economicamente remunerativa. E in questi casi, essendo l’azione privata insufficiente, sarà la collettività che se ne farà carico, dal momento che per interesse nessuno lo farebbe. Il progresso tecnico permette la creazione di nuove industrie, ma dovremmo considerare, per essere equanimi, quello che viene distrutto a causa di questo stesso progresso tecnico”. [https://anarcoqueer.noblogs.org/files/2021/08/Quaderno-1-Ellul.pdf p.6].
Quello che viene distrutto non è certo poco, soprattutto se pensiamo al sistema di accumulazione storico che viene creato attraverso tutti i sistemi nazionali e capitalistici che contraddistinguono lo stato moderno dalla sua creazione e dal suo inserimento nella rivoluzione industriale. Come seconda situazione del processo indicato da Ellul abbiamo dunque la proposizione che poiché ormai non concepiamo nessun problema se non come problema tecnico, un problema risolto dalla tecnica ne crea altri e così via, così che a catena il progresso tecnico causa più problemi di quelli che risolve:
“se si potessero prevedere le conseguenze, si potrebbero prevedere le risposte. Ma queste riguardano tutto l’insieme degli individui e tutta la struttura sociale, questa è una caratteristica del fenomeno tecnico moderno. Nonostante ciò, l’umanità nel suo insieme non si rende conto di queste conseguenze, percepite solo dagli specialisti, e così non è disposta ad accettare le trasformazioni necessarie. E ancor meno gli intellettuali. Quando si preparano a “entrare nel XX secolo”, secondo il titolo di un noto libro, quelli che loro vedono come i problemi maggiori della loro società sono già superati, e le loro risposte sono inadeguate. Detto in altro modo, la comprensione dei fenomeni è sempre più in ritardo anche quando si tratta di pensare in prospettiva e per il futuro (questo è l’aspetto più importante del non adattamento dell’uomo al ritmo di crescita delle tecniche). Di conseguenza i problemi sollevati sono sempre più difficili perché non appaiono a livello della coscienza collettiva se non quando sono già inestriscabili e massicci. Per questo possiamo dire che ogni progresso tecnico (e potremmo moltiplicare gli esempi all’infinito) crea situazioni più difficili da dominare a livello globale. Apparentemente questo processo sta accelerando sempre più [Ellul, ivi p.14].
Per terza proposizione, gli effetti nefasti della tecnica sono inseparabili dagli effetti negativi. “che ci situiamo al livello più elevato o al livello più umile della tecnica, vediamo che niente è a senso unico. Sono buone le tecniche di sfruttamento delle ricchezze? senza dubbio...E quando conducono all’esaurimento di quelle ricchezze? sono buone le tecniche di produzione? senza dubbio, ma... produzione di cosa? Dal momento che queste tecniche permettono di produrre qualunque cosa, se vi è totale libertà si produrranno cose assurde, vane e inutili che ci porteranno a questa produzione di marchingegni a cui assistiamo attualmente. Questo ci porta a rilevare un aspetto importante: produrre è considerato un bene in sé qualunque sia la produzione, l’unico ruolo della tecnica è aumentare la produzione” [Ellul, ivi p.15].
Arriviamo così, sulla scia di un movimento diventato completamente automatico e cieco, alla proposizione finale di Ellul, che vede come ogni progresso tecnico porta con sé un certo numero di effetti imprevedibili. Certo alla nascita della zootecnia industriale, ovvero al momento in cui i corpi degli altri animali venivano studiati per un loro sfruttamento ai fini del consumo umano per mezzo della tecnica, con i primi sistemi automatizzati di mungitura per le mucche (ad esempio) non avremmo certo potuto prevedere, a fine ottocento, l’approdo attuale per il quale la concentrazione degli animali negli allevamenti intensivi produce una tale quantità di emissioni di gas serra per cui la stessa vita sul pianeta è a rischio.
“I più semplicisti ritengono che sia facile dare un orientamento al progresso tecnico, assegnargli dei fini elevati, positivi, costruttivi, ecc. è quello che sentiamo dire di continuo. la tecnica non sarebbe altro che un insieme di mezzi che bisogna ordinare verso un fine, e questo è ciò che dà al progresso tecnico il suo significato. Grazie al fine si giustifica la tecnica, anche se per un certo tempo comporta inconvenienti. se la pianificazione socialista conduce al lavoro forzato e a una situazione di penuria, il fine, che è il socialismo, legittima tale tecnica. Ma il fenomeno tecnico non presenta mai questa semplicità lineare. Qualunque progresso tecnico comporta tre classi di effetti: gli effetti desiderati, gli effetti prevedibili e gli effetti imprevedibili. Quando gli scienziati cominciare a fare ricerca in un certo settore tecnico, pretendono di ottenere un risultato chiaro e preciso. A partire da un problema determinato, come perforare, per esempio, a 3000 metri di profondità per accedere a una riserva di petrolio, si mettono in funzione un insieme di tecniche e se ne inventano di nuove per risolvere il tale problema: sono gli effetti desiderati. Di fronte a una scoperta gli scienziati valutano in quali campi si può applicare, vi elaborano procedimenti tecnici di applicazione, si aspettano un certo numero di risultati e li ottengono. la Tecnica è abbastanza sicura, produce gli effetti previsti. Chiaramente ci possono essere fluttuazioni ed errori, ma possiamo essere sicuri che il progresso tecnico eliminerà la zona di incertezza in ogni ambito. Vi è una seconda serie di effetti legati a qualunque operazione tecnica: gli effetti non desiderati ma prevedibili. Per esempio, un importante chirurgo dice che “un intervento chirurgico consiste nel rimpiazzare una malattia con un’altra”, chiaramente si tratta di una malattia importante scambiata con un’altra di minor importanza, o di una malattia che minaccia la totalità dell’individuo con una più localizzata. Vi sono qui effetti che si preferirebbe evitare, che sono negativi, ma inevitabili, conosciuti e limitati. In tutte le operazioni tecniche si dovrebbe essere preveggenti come questo chirurgo e riconoscere gli effetti non ricercati ma prevedibili (il che non si fa quasi mai, come abbiamo visto nel nostro primo punto), per valutare correttamente quel che si sta per fare e procedere a soppesare gli effetti positivi e negativi. Vi è però una terza categoria di effetti totalmente imprevedibili. In ogni modo, dobbiamo ancora distinguere gli effetti imprevedibili ma desiderati da quelli che sono allo stesso tempo imprevedibili e indesiderati. I primi si debbono alla nostra incapacità di prevedere con esattezza un fenomeno di cui intravediamo la possibilità; per esempio, nell’ambito dell’abitazione, si poteva immaginare che utilizzando il sistema dei circuiti chiusi vi sarebbero stati degli effetti di ordine psicologico e sociologico profondi. l’uomo, vivendo nell’immensa unità di un condominio si trasforma, ma come e in che cosa non siamo in grado di prevederlo con esattezza. Vi è un cambiamento nel comportamento, nelle relazioni, nelle distrazioni, ecc. E su questo possiamo dire qualunque cosa senza che una previsione sia più certa che l’altra” [Ellul, ivi, p.20].