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libertè / diversitè / laissez faire

Appunti volanti

Frank si sentiva di merda. Da alcuni giorni dormiva pochissimo, aveva lo stomaco sottosopra nonostante i farmaci assunti prima di colazione, sentiva gli occhi chiudersi, una sensazione di malessere lo pervadeva interamente. Aveva voglia di mandare tutto e tutti affanculo, tornare a casa e mettersi a letto nel buio senza considerare più nessuno. Ok, i gatti avrebbero potuto salire sul letto con lui, nessun altro. Invece… Invece doveva fare presenza, presidiare il reparto, portare attenzione e accoglienza agli ospiti e cercare di sorridere, peggio ancora essere partecipe dei loro problemi. Oltre, naturalmente, a organizzare le giornata, i lavori interni, la gestione della cucina e le uscite del giorno festivo.

La vita di Nicola seguiva da tempo l’andamento dei suoi consumi alcoolici. La sobrietà rappresentava la possibilità di fare qualcosa di costruttivo, vivere, mentre l’alcool significava farsi vivere dalle bevande. Era arrivato a situazioni estreme, un clochard che viveva sotto la scala antincendio di un palazzo di uffici comunali in una piazza adiacente il centro città. Accendeva un fuoco in un’aiuola per scaldarsi qualche pasto, le rare volte in cui mangiava, per il resto le calorie venivano tutte dalle birre.

1- Morti tra le tombe

La sera stava scendendo rapida, la luminosità dell’ambiente scemava a vista d’occhio. Alla sua finestra Molly aveva osservato il tramonto, come aveva l’abitudine di fare, amava i tramonti, a volte li dipingeva ad acquarello. La sua attenzione fu attratta da due uomini sulla cima della collina vicina a casa, la collina del cimitero, boot hill come la chiamavano gli abitanti del paese dalla sua fondazione almeno tre secoli prima. I due si distinguevano ancora, uno aveva una camicia bianca, dell’altro, vestito di scuro, si notavano i lunghi capelli biondi. La cosa strana era che non si stavano interessando a qualche tomba, non erano visitatori giunti per ricordare e magari pregare. Si stavano fronteggiando con atteggiamento minaccioso. Stavano girando intorno, sempre alla stessa distanza, sempre fissandosi. D’improvviso estrassero delle armi, pistole probabilmente, vide due braccia tendersi, sentì in lontananza un rumore sordo. L’uomo biondo incespicò all’indietro, quello con la camicia bianca cadde rovinosamente su una tomba, una macchia scura sul tessuto prima immacolato. Molly restò impietrita alcuni secondi, senza più guardare, poi corse al pian terreno a cercare suo padre. La madre la vide attraversare il salone di corsa e precipitarsi fuori. Il padre era nell’orto dietro casa, da lì non poteva vedere la collina ma qualcosa lo aveva sentito perché stava incamminandosi verso l’angolo della casa. No! Gridò Molly, corse fino a trattenerlo. Il padre vedendola così spaventata si fermò a aspettarla. Con parole interrotte dal respiro pesante, con le lacrime agli occhi, raccontò cosa aveva visto. Il padre spiegò di aver sentito un botto o due e un urlo in lontananza. Nel frattempo arrivò davanti la loro casa, l’ultima prima del boschetto che la separava dal cimitero, Johnny Johnson, il vicino di casa, un tipo piuttosto impiccione. Lasciò la bicicletta sulla strada e si avvicinò ai due. Hanno sparato nel cimitero, non avete sentito? Chissà cosa è successo. Sputò a terra, sputava sempre. Il padre di Molly, un tipo deciso, rispettato per questo dai vicini, fermò Johnson, prima di correre al cimitero dobbiamo avvertire lo sceriffo. Fece un cenno alla moglie che era uscita sulla veranda, e le disse di telefonare all’ufficio dello sceriffo, poi entrò in casa a prendere il fucile, un Garand calibro 30, ricordo degli anni passati nell’esercito, vecchio ma ancora micidiale. Con un cenno invitò Johnson a precederlo sul sentiero, Molly tu resta qui. Molly aspettò che fossero arrivati ai primi alberi poi li seguì dopo aver preso una torcia elettrica dal capanno degli attrezzi. Vide che procedevano lentamente, guardandosi intorno con attenzione. Tra gli alberi il buio era fitto, vedeva una cinquantina di metri avanti a sé la camicia chiara del padre. Quando i due uomini uscirono allo scoperto si fermarono scrutando nell’oscurità ormai quasi notturna, silenzio, niente in vista. Prima che procedessero Molly li aveva raggiunti. Diversamente da quanto immaginava il padre non la rimproverò, resta qui con noi, non allontanarti. Il cimitero non aveva recinzione, salirono tra le lapidi, da quella parte c’erano le più vecchie, alcune risalenti al primo ‘700, i primi coloni arrivati da quelle parti. Arrivarono quasi in cima, dove Molly aveva visto l’accaduto, sembrava non ci fosse niente di strano. Molly accese la torcia e, rimanendo ferma faceva scorrere il fascio di luce tra le tombe. Vide qualcosa di bianco a terra, là. I tre si avvicinarono, la ragazza continuava a puntare la luce mentre osservava l’uomo riverso a terra, spaventata ma non poteva distogliere lo sguardo. Johnson si chinò vicino all’uomo, mise la mano sul collo. Al centro del torace una grande macchia rosso scuro. Andato, mormorò Johnson, morto tra le tombe. Nella mano sinistra stringeva ancora un revolver a sei colpi, da quanto appreso osservando la collezione di armi del padre poteva dedurne fosse una pistola piuttosto vecchia. Un volto che nessuno conosceva. Il padre si guardava intorno stringendo il fucile, il secondo uomo doveva essere fuggito ma meglio stare all’erta. Dopo alcuni minuti sentirono un’auto arrivare a gran velocità, osservarono l’ingresso principale del cimitero e videro, nel parcheggio antistante, il lampeggiante blu dell’auto dello sceriffo. Ne scesero tre uomini, uno si avvicinò a un’auto parcheggiata, gli altri due si incamminarono verso la cima della collina. Johnson, Carter! Lo sceriffo in persona li chiamava. Si fecero sentire. I poliziotti avevano delle lampade a incandescenza, quasi dei riflettori come potenza, ne montarono una sull’ambiente della sparatoria. L’uomo alla guida aveva lasciato accesi i fari dell’auto puntati sul sentiero. Con un’altra lampada l’aiutante dello sceriffo, Mickey, un ragazzo giovane, secondo Molly piuttosto carino, si aggirava tra le tombe. Lo sceriffo si informò su cosa avessero visto, Molly raccontò tutto. Diede un’occhiata al cadavere, con la radio trasmittente incaricò l’uomo rimasto all’auto di avvertire un’ambulanza per portarlo via. L’altro spiegò che la macchina nel parcheggio era una Buick del 1948, ben tenuta, pulita, sicuramente non l’aveva mai vista in paese. Era parcheggiata aperta ma non aveva trovato alcun documento. Che sia l’auto di costui? Ipotizzò il padre di Molly. Quasi sicuro, o sua o dell’altro, ma in questo caso perché non l’ha ripresa per allontanarsi? Posso spiegarlo, interruppe Mickey, guarda qui, sangue. Anche l’altro uomo è stato colpito. Guarda, le macchie si allontanano, è andato per di qua. Indicò la direzione del bosco di Jefferson. Lo sceriffo avvertì l’uomo all’auto, Mickey e io lo seguiamo. Carter, con il tuo fucile vuoi venire con noi? Molly fu spaventata dalla proposta, sapeva che il padre avrebbe accettato. Voi restate qui a aspettare l’ambulanza, arriverà anche una seconda auto con altri uomini per studiare il terreno e raccogliere gli indizi. Come mossa da una volontà non sua la ragazza seguì a pochi metri i tre uomini. Non la videro o, nel caso, non dissero niente. Mentre scendevano lei pensava al morto, il primo cadavere mai visto, no, c’era stata la nonna, ma lei era nel suo letto, questo aveva la camicia insanguinata, era ancora caldo, e soprattutto era stato ucciso. Aveva visto da distanza il momento preciso. Improvvisamente ricordò, chiamò lo sceriffo che si fermò e spiegò che l’uomo che stavano cercando era vestito di scuro e aveva i capelli lunghi biondi. Lo sceriffo annuì, ben fatto ragazza. Prima che potessero rimettersi in marcia la voce di Mickey li richiamo. Capelli lunghi biondi, giacca scura, eccolo qui. Non è andato lontano. Sicuramente non è uno del paese. Seduto a terra, appoggiato al tronco di un frassino l’uomo era immobile con la testa piegata di lato, in pugno ancora l’arma, una pistola 1911. Sul pettorale destro si vedeva, nella luce della lampada, un foro di proiettile. Morto? Ora controllo. Dopo qualche secondo Mickey richiamò la loro attenzione, respira ancora, anche se debolmente, il polso quasi non si sente. Steso il corpo sull’erba l’aiutante dello sceriffo praticò una fasciatura di fortuna alla ferita mentre il suo capo richiedeva una barella e dei portatori. In una decina di minuti arrivò una squadra del soccorso locale con un medico che rifece la fasciatura e applicò una flebo. Non lo vedo per niente bene, dobbiamo arrivare in ospedale al più presto. L’ospedale più vicino era a Clarksville, quasi 40 miglia. Forza non abbiamo tempo. Mentre Mickey e due degli uomini arrivati con il medico controllavano il terreno gli altri tornarono al cimitero con la barella. Abbiamo già caricato il cadavere, questo lo mettiamo anche qui? Questo non è ancora cadavere, fategli posto. Lo sceriffo congedò i tre civili invitandoli a recarsi nel suo ufficio il giorno seguente per le verbalizzazioni

1- Per morire devi prima nascere

D. era nato, terzo di tre figli, tutti maschi, sulle colline intorno a Torino, dove iniziano i boschi e la città è solo un cumulo di luci in basso. Tempi duri, lavoro che scarseggiava, soldi sempre meno.

Il padre, dal fisico di un orso, iniziava la giornata con una colazione a base di salame e barbera. Con il vino proseguiva ininterrottamente, e si capisce perchè un omaccione di quasi due metri ubriaco alle 10 del mattino faticasse a trovare lavoro. Sbarcava il lunario andando nei boschi a tagliare legna, a volte prendeva qualche lepre. Se non incontrava nessuno tutto bene, in caso contrario era un rischio per tutti. A volte arrivavano i carabinieri, ormai sapevano che per “l'Uomo dei boschi” dovevano essere almeno in sei, meglio in otto, possibilmente la mattina presto che più saliva il sole più saliva il tasso alcoolico. L'ennesima volta che uscì di galera decise con la moglie che, con tre figli piccoli, non si poteva continuare così. Tornarono nelle terre di lei, dove si erano conosciuti, il Friuli, i suoi monti, lontano dalla città industriale e dai suoi fantasmi.

Ma i fantasmi non si possono sfidare impunemente, non si può sfuggire al destino... Nonostante la casa nuova con i campi, frutto di debiti e impegni, nonostante anche il vino stesse diventando un ricordo mentre i figli crescevano i guai non erano lontani. Una notte la terra tremò. Uscirono a malapena tutti prima di vedere la casa crollare. E con lei tutte le speranze di una nuova vita. Per sfuggire alla sfortuna e ai debiti l'unica via fu tornare da dove erano partiti.

...

Ultima notte d'estate

Il canto delle stelle tra le nubi

Per l'ultima volta il sole tramonta e sorgerà in estate per quest'anno. Domani notte l'autunno prenderà il posto della stagione e si aprirà la via all'inverno. Tra le nubi le stelle che si affacciano al mondo risplendono lontane, indifferenti, forse già morte.

E qualcuno si ostina a citare un dio come ragione dei propri crimini contro l'umanità e la libertà individuale. Qualcun'altro aveva sostituito la divinità con qualche idea apparentemente ben costruita, fintamente logica, ma l'obiettivo era lo stesso. Dominare gli altri, privarli della loro individualità. Non è cambiato niente. Ma continuano a dichiarare falsità evidenti, dicono che gli uomini sono tutti uguali, chiunque possa osservare tre uomini sa che sono menzogne. Tutte menzogne. L'uguaglianza è la base, la pietra d'angolo, di ogni dittatura. Dove c'è l'uguaglianza non c'è la libertà. Dove c'è la libertà non può esistere uguaglianza.